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Vittorio Emanuele II  

"Padre della Patria" 1849–1878

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vittorio emanuele II e famigliaVittorio Emanuele Maria Alberto Eugenio Ferdinando Tommaso di Savoia soprannominato “Re galantuomo” perché accettò la monarchia costituzionale pur essendo di idee reazionarie e seppe rispettare le decisioni dei suoi ministri anche quando non era d'accordo e “Padre della Patria” perché durante il suo regno nacque lo stato Italiano. (I maligni collegano questo soprannome al gran numero di figli, specie illegittimi, del re), nacque a Torino, da Carlo Alberto e Maria Teresa di Lorena. 
Piccolo, tarchiato, rubizzo, molto espansivo, poco amante dello studio (secondo il suo maestro faticava a capire… ) Molto diverso dai suoi genitori: il padre era pallido, alto più di due metri e magrissimo, di carattere timido e riservato e molto pudico e lui era di carattere aperto ed espansivo e molto libero nei costumi sessuali. Il padre era colto, anche se prevalentemente autodidatta e molto intelligente e Vittorio, a dar retta al suo maestro, "dopo che una cosa gli era stata spiegata più e più volte, con le sue domande faceva intendere di non averla affatto capita..." Bisogna però anche dire che i precettori cui fu affidato erano "dei parrucconi mediocri in tutto ma rigidi nel pretendere un rispetto dissennato delle formalità, vecchi d'età e d'idee, consumati da cattivi pensieri, intrisi d'etichetta" (Del Boca) e che "ci sarebbe voluta l'intelligenza di un Nobel per cavare qualcosa di utile dai loro insegnamenti". 

 
La sostituzione del principino: quando Carlo Alberto era in esilio a Firenze, ospite di suo suocero il Granduca,  la culla di Vittorio Emanuele s'incendiò all'improvviso. La fantesca, subito accorsa per spegnere l'incendio non si avvide che il suo vestito aveva a sua volta preso fuoco e, così salvo il principino ma riportò gravissimi danni alla propria persona. Fin qui i fatti storici documentati. Negli stessi giorni il macellaio fiorentino Tanaca, che aveva il negozio nei pressi di Porta Romana, lamentò la scomparsa del proprio figlioletto, della stessa età del principino; subito qualcuno mise in collegamento i due fatti spiegando in questo modo la sorprendente differenza tra padre e figlio. Ancora oggi si scrive (e si spettegola) su questo argomento.

 
Nonostante l’educazione ricevuta, Vittorio Emanuele era un uomo del popolo: gli piaceva la compagnia e l’allegria e non apprezzava i salotti. Gli piaceva combattere e cacciare ed era molto sensibile alla buona cucina delle Langhe, ai vini invecchiati ed al fascino femminile. Ebbe molte amanti, ai figli illegittimi dette spesso il nome Vittorio o Vittoria ed il cognome Guerrieri o Guerriero e si preoccupò di sistemarli.
Rosa VercellanaLa sua relazione con Rosa Vercellana, conosciuta nel 1847 quando lei aveva 14 anni, durò tutta la vita. Nonostante l’opposizione dei suoi ministri e della corte la nominò Contessa di Mirafiori, rimasto vedovo, la sposò morganaticamente. 
Da lei ebbe due figli, Vittoria ed Emanuele, di cui non fece mistero e che si trovarono spesso a fianco dei figli legittimi. Umberto non li sopportava. 
Dalle altre amanti, con cui fu spesso molto generoso, ebbe un numero imprecisato di figli.
Sua moglie, Maria Adelaide di Asburgo Lorena, (erano cugini primi) era molto religiosa e strana. Un esempio per chiarire: a Moncalieri, Maria Adelaide si faceva chiudere a chiave in uno stanzino di un paio di metri quadrati con inginocchiatoio e crocifisso in cui con l’ordine di non aprire fino ad una determinata ora. Dopo qualche minuto cominciava a singhiozzare ed a urlare, ma guai ad aprirle… (c’è chi sostiene che nel frattempo Vittorio Emanuele si recasse dalla bella Rosina, proprio di fronte al castello…). 
Da lei Vittorio Emanuele ebbe sette figli: Clotilde (1843-1911) sposa per motivi politici ad un cugino primo di Napoleone III, Umberto I, suo successore, Amedeo (1846-1890) duca d’Aosta, nonno di un altro Amedeo d'Aosta, eroe di guerra e concorrente di Vittorio Emanuele III, Oddone (1846-1866) duca del Monferrato, Maria Pia,(1849-1911 ) sposa del re del Portogallo, Carlo Alberto, (1851-1854) duca del Chiablese, Vittorio Emanuele, (1855) duca del Genevese.
Allo scoppio della prima guerra d'indipendenza (1848) comandò di una divisione di riserva. Alla battaglia di Goito guidò l'assalto e fu ferito. Dopo la battaglia di Novara Carlo Alberto abdicò in suo favore. Firmò l'armistizio di Vignale con il maresciallo Radetzky e ci volle del bello e del buono per fargli conservare lo statuto. 

Nell'aprile del 1849 una sommossa repubblicana a Genova fu repressa, su suo ordine nel sangue dal generale La Marmora. 
Per saperne di più... Ancora oggi i alcuni genovesi, la cui classe dirigente fu definita vile e infetta razza di canaglie da Vittorio Emanuele, la ricordano col nome «Sacco di Genova». 

La Camera, a maggioranza democratica, gli era ostile e non voleva ratificare il trattato di pace con l'Austria (gli austriaci erano ad Alessandria), sciolta la Camera indisse nuove elezioni invitando gli elettori a votare deputati moderati (“proclama di Moncalieri”).
Lo Statuto non gli andava a genio. La sua fama di galantuomo è legata ad alcune situazioni in cui diede prova di lealtà costituzionale; ad esempio quando firmò le leggi Siccardi (contro i privilegi del clero) che non condivideva.
Camillo Benso conte di Cavour, (figlio di un proprietario terriero e amministratore di grandi proprietà uscito indenne dalla varie "bufere" napoleoniche e capo della Polizia a Torino) fu primo ministro, nonostante i difficili rapporti col re praticamente fino alla fine del suo regno.
Nel decennio 1849 – 59 Cavour si dedicò all’ammodernamento del regno ed alla sua riorganizzazione. Permise la fondazione e l’azione della Società nazionale, che propugnava la cacciata degli stranieri dall’Italia. (Cavour da una parte finanziava i moti rivoluzionari o li tollerava e dall’altra proponeva come soluzione del problema degli attentati l’ampliamento del regno sabaudo). La partecipazione piemontese alla guerra di Crimea permise al piccolo regno di farsi conoscere sulla scena internazionale. Con gli accordi segreti di Plombiéres, poi, l’astuto statista ottenne la promessa dell’appoggio francese in caso di attacco austriaco (in cambio della Savoia, di Nizza e della corona del Regno delle due Sicilie per Gerolamo Bonaparte).  
Anche le donne furono utilizzate in politica da Cavour: la splendida contessa di Castiglione, ebbe l’ordine di sedurre Napoleone (pare che il re abbia conferito l'ordine direttamente dal letto della bella contessina); la povera Maria Clotilde dovette sposare Gerolamo Bonaparte, detto “plon plon”, uomo rozzo e violento; la bellissima moglie di suo fratello Ferdinando, Elisabetta di Sassonia invitò il re nel suo letto, (Cavour sperava di affibbiargliela in moglie e troncare, così la storia con Rosina). Si dice che dopo aver infilato una gamba sotto le lenzuola Vittorio abbia abbandonato il campo dicendo di aver visto il fantasma del fratello ...
Tra il '59 e il '61 Vittorio Emanuele, che pensava di proseguire la politica espansionistica dei suoi avi, divenne, insperatamente re d’Italia grazie ad una serie di fortunate coincidenze ed iniziative: seconda guerra d’indipendenza, annessioni, spedizione dei 1000.
La terza guerra di indipendenza (1866) portò alla corona il Veneto grazie alla vittoria della Prussia e nonostante le sconfitte italiane.
Nel 1864 Firenze divenne capitale (Convenzione di Settembre). Proteste e tumulti dei torinesi, che perdevano così molti privilegi. 
Terminata la costruzione dell’Arsenale della Spezia il 28 agosto 1869 per opera del Generale Chiodo, nel 1870 La Spezia venne eletta a sede del primo dipartimento militare marittimo.
vittorio emanuele e rosinaNel 1869 si temette per la vita del re a causa di una gravissima malattia che lo ridusse in fin di vita. Vittorio decise di sposare segretamente la sua cara Rosina. Dopo qualche mese guarì, Rosa i due figli, pur non apparendo mai al suo fianco nelle cerimonie ufficiali, poterono così stargli più vicini.
 Nell'estate del '70 approfittando della guerra franco-prussiana Roma divenne capitale d’Italia (Vittorio Emanuele forse era più propenso ad accorrere in aiuto a Napoleone III, cui doveva la vittoria contro l'Austria del 1859, ma accettò la volontà dei suoi ministri).
Il re, che si era trovato spaesato a Firenze si trovò a disagio a Roma. Non soggiornò mai al Quirinale preferendo ritirarsi, con la moglie morganatica Rosa Vercellana in residenze meno sfarzose. Lasciò al figlio Umberto ed alla sua consorte il compito di accattivarsi il popolo e la classe dirigente romana.
Nel 1876 la Destra Storica fu sconfitta alle elezioni. Ossequiente alle indicazioni del Parlamento, sia pure controvoglia, chiamò al governo la Sinistra. 
Morì a Roma, in quello stesso anno. E' sepolto al Panteon.  
Tra le molte cianfrusaglie del padre il figlio trovò un bastone da passeggio rotto in due pezzi "che era stato spezzato sulla schiena d'un abate che aveva sparlato di Rosina" e un nudo a grandezza naturale della splendida contessa di Castiglione.

vittorio emanuele IIEsistono parecchie versioni della storia del risorgimento e, quindi di Vittorio Emanuele II
 
La storiografia ufficiale sabauda della seconda metà dell' 800 gli ha attribuito il merito di aver unito l’Italia (padre della patria) come se l’iniziativa fosse stata sua e non dei patrioti, di Mazzini, Garibaldi, Cavour. Per saperne di più... Ancora oggi è possibile trovare, perfino in internet, biografie di questo tipo.
Una storiografia concorrente, nello stesso periodo tentò di raccontare anche il rovescio della medaglia (gli aneddoti sul carattere del re e i misfatti del risorgimento), ma non ebbe molta fortuna. 
Verso la fine del secolo, quando si cominciarono a vedere nelle piazze d'Italia monumenti a Cattaneo, Balbo e perfino al repubblicano Mazzini, la storiografia divenne meno filo sabauda e riconobbe i meriti dei patrioti, compresi i democratici e i socialisti. Si tratta sempre di un racconto che vede nell'unità d'Italia quasi solo gli aspetti positivi Questa storia all'estero fu raccontata in modo diverso, la figura del re fu molto ridimensionata, basti pensare che nel resto del mondo la "prima guerra d'indipendenza" si chiama "guerra austro francese", vinta da Napoleone III e la terza "guerra austro prussiana", vinta da Bismark.  
Il fascismo considerava il risorgimento un precursore della propria dottrina e ne raccontò la storia, come del resto tutta la storia d'Italia, mettendo in risalto solo ciò che al fascismo poteva portare lustro. I musei del risorgimento furono riorganizzati: la seconda guerra mondiale fu ribattezzata quarta guerra d'indipendenza e furono inseriti i ritratti o le statue del Duce e i simboli del fascismo. 
Anche la resistenza si considerava figlia del risorgimento: ne risultò una nuova interpretazione che vedeva nel risorgimento una lotta per la libertà. 
Sia la storiografia fascista sia l'antifascista, sia pure partendo da premesse opposte, consideravano il risorgimento come un insieme di fatti positivi.
Nel dopoguerra, specialmente dopo il sessantotto, gli studi sul risorgimento e sui Savoia incontrarono un minore interesse da parte del pubblico e della scuola e l'argomento fu lasciato in secondo piano. In questo periodo si cominciarono a vedere analisi ben più spregiudicate e interessanti come quelle di Per saperne di più... Mack Smith che descrive Vittorio Emanuele come " un uomo debole e generalmente insignificante, di buon cuore e scaltro, ma superstizioso e rozzo..."  o di Indro Montanelli, che definisce Garibaldi un "onesto babbeo".vittorio emanueleII
Da qualche anno la storia del risorgimento è tornata di moda un po' per l'intervento del presidente Ciampi per rivalutare l'inno nazionale e un po' per l'atteso o temuto rientro dei Savoia in Italia e un po' per l'interesse suscitato da testi come quello di Lorenzo Del Boca, che raccontano gli aspetti negativi del risorgimento, come i campi di concentramento di Agliè o di Fenestrelle in cui furono lasciati a morire i napoletani sconfitti che non si lasciarono corrompere come avevano fatto i loro generali ancor prima di combattere.
Per approfondire:  
Mario Oriani, Poker di re, storie d'amore e di guerra dei Savoia, Mursia, Milano, 2002
Silvio Bertoldi, Il re che fece l'Italia, Rizzoli, Milano, 2002 
Giovanni Gigliozzi, Le regine d'Italia, Newton & Compton, 2001
Lorenzo Del Boca, Maledetti Savoia, Piemme pocket1992 (Controstoria del risorgimento)
Roberto Gervaso, La bella Rosina, RUSCONI
Pinto, Vittorio Emanuele II, il re avventuriero, Mondadori
Otello Pagliai - Un fiorentino sul trono dei Savoia - Arnaud - 1987
Denis Mack Smith, Vittorio Emanuele II, Bari, 1972
Rocca, Avanti Savoia! Miti e disfatte che fecero l'Italia, 1848 - 1866, Mondadori 
Di Donno, I re d'Italia - Vita pubblica e privata dei Savoia Carignano (1831 - 1946), Roma, 1971
Franco Cognasso, Vittorio Emmanuele II, Torino, 1943.
G. Curatolo, Garibaldi, Vittorio Emmanuele II e Cavour. Bologna, 1911.
Link
http://www.riccati.it/risorgi/viema2.htm 

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