La Bella Rosina

Moglie morganatica di Vittorio Emanuele II

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Rosa Vercellana (da qualche parte si trova anche il cognome Guerrieri, cognome che Vittorio Emanuele dava ai suoi figli illegittimi)  nacque a Nizza marittima il 3 giugno 1833 da Teresa Griglio e da Giovanni Battista Vercellana, originario di Moncalvo d'Asti, militare di carriera. Ebbe due fratelli: Adelaide e Domenico.
Maestoso e di grande statura, il Vercellana fu porta aquila della Guardia Imperiale napoleonica. (In altri testi si dice che era "tamburo maggiore"...)
Rientrato nell'esercito sabaudo restaurato, nel 1814 rifiutò di seguire Napoleone fuggito dall'Elba, e  divenne ufficiale nelle guardie del Re Carlo Alberto dopo aver denunciato degli emissari francesi che sobillavano i soldati piemontesi alla diserzione.
Nel 1847 la famiglia viveva a Racconigi dove il padre di Rosa comandava il presidio della tenuta di caccia. Qui Rosina incontrò per la prima volta Vittorio Emanuele II, ancora principe ereditario, ma già sposato con Maria Adelaide d'Asburgo Lorena; lui aveva 27 anni e lei 14. Era una bella ragazza, formosa, molto sviluppata per la sua età, coi capelli scuri e lo sguardo intenso.
Su come si sono conosciuti ho trovato quattro versioni:
-  Roberto Gervaso sostiene che i due s'incontrarono a Racconigi, dove il padre di Rosa si recava spesso per lavoro portando con sé la figlia.
- una seconda versione racconta che nel corso di una battuta di caccia nei pressi di Moncalvo il futuro re vide per la prima volta Rosina intenta a raccogliere fiori. Non osò parlarle ma tornò più volte in quel luogo, conobbe la famiglia e frequentò la casa della ragazza. 
- un'altra versione afferma che il principe ereditario la incontrò per caso nei pressi di Racconigi, davanti ad una modesta casa, mentre salutava il papà che era alla guida di una diligenza. Il futuro re s'invaghì della ragazza e tornò un paio di volte, vestito da cacciatore, a raccontarle storie di orchi e castelli. Poi la mandò a prendere da una carrozza e... il padre avrebbe denunciato il rapimento della figlia. Subito avvertito il futuro re gli avrebbe mandato dei soldi, rifiutati sdegnosamente dal Vercellana: "si è preso mia figlia? Adesso se la tiene!"  
- la quarta versione fu raccontata dallo stesso re alla sua amante Laura Bon che gli rinfacciava la relazione con Rosina: nel 1847 Rosina si sarebbe presentata per intercede per la liberazione del proprio fratello, arrestato per insubordinazione.
Io propendo per la prima versione.
Comunque siano andate le cose il futuro Re d'Italia, benché già sposato, resta affascinato da questa giovinetta già ben sviluppata: un vero e proprio colpo di fulmine. Sicuramente i primi incontri furono intimi e furtivi, organizzati con circospezione e cura forse dal Morozzo, aiutante in campo e suo intimo amico. Del resto le leggi contro il "rapimento" di fanciulle di età inferiore ai 16 anni era piuttosto severa e poi il Vercellana era conosciuto da Carlo Alberto che sarebbe senz'altro intervenuto se avesse saputo che Vittorio Emanuele gli insediava la figlioletta. 
L'innamoramento, poi, fu senz'altro reciproco: tra i due nacque una relazione che sfidò critiche, etichetta e differenze di casta e che durò per tutta la vita e nonostante i molti capricci di Vittorio Emanuele.
Nonostante Rosina, tuttavia il re non trascurò i doveri coniugali né le molte amanti da cui ebbe parecchi figli, molti dei quali riconosciuti. Ma mentre l altre relazioni durarono abbastanza poco e si conclusero quasi tutte con dei nuovi nati dal cognome Guerriero o Guerrieri e una sostanziosa pensione quella con Rosa continuò per tutta la vita.
Da lei Vittorio Emanuele ebbe due figli: Vittoria, nata il 2 dicembre 1848, un anno dopo il loro primo incontro ed Emanuele, nato il 16 marzo 1851. Vittoria riuscì a cavarsela abbastanza bene, Emanuele fu molto più fragile ed incostante, dilapidò un immenso patrimonio e non riuscì a far granché della sua vita. 
Quando Vittorio Emanuele risiedeva nel castello di Moncalieri Maria Adelaide d'Asburgo Lorena aveva uno strano modo di recitare le preghiere serali: si faceva rinchiudere nel suo "pregadio" (uno sgabuzzino, debitamente imbottito e dotato di crocifisso e inginocchiatoio) con l'ordine di non aprire qualunque cosa succedesse, poi cominciava a strepitare, urlare, chiedere per carità che qualcuno aprisse ma i camerieri, se volevano conservare il posto di lavoro, dovevano guardarsi dal farlo.
Vittorio ne approfittava per imboccare un tunnel segreto e andare dalla sua bella, che abitava poco distante, e trascorrere buona parte della notte con lei.
La relazione fra colei che tutti chiamano la "Bela Rosin" e il principe Vittorio Emanuele, diventato Re nel 1849, fece scandalo e fu avversata sia dai nobili che dai politici, specialmente dopo la morte della regina, avvenuta nel 1855.
Era nota l'avversione di Cavour  per la Vercellana; anche lui non disdegnava le ragazzine di 14 anni, anche di non nobili origini, però si "sdebitava" con un piccolo dono o con un cesto di frutta e non si sarebbe mai sognato di riconoscerne i figli o di conceder loro titoli nobiliari...)
L'intera corte e lo stesso governo fecero di tutto per ostacolare l'amore di Vittorio e Rosina e per convincere il re a sposare una principessa, magari la vedova del suo stesso fratello, che lo invitò perfino nel proprio letto.
Ma Vittorio Emanuele non voleva saperne: fuggì dal letto della cognata dicendo do aver visto il ritratto del fratello assumere una espressione minacciosa e rifiutò in vari modi tutte le altre pretendenti.
Ai balli di corte, alle feste lui preferiva una bella cavalcata nei boschi, magari in compagnia di Rosina che, oltretutto era una bravissima cuoca e gli preparava deliziosi manicaretti annaffiati da ottimi vini.
Anche i figli avuti da Rosa ebbero in Vittorio Emanuele un padre affettuoso, che li seguì ed aiutò anche da adulti; il re cercò più volte, ma con scarso successo di farli accettare anche dai suoi eredi legittimi.
L'11 aprile 1858 il sovrano, nominò Rosina Contessa di Mirafiori e Fontanafredda. Il motto del casato è "DIO. PATRIA. FAMIGLIA." Con lo stesso decreto assegnò il cognome Guerrieri ai figli.
I numerosi impegni di corte non impedirono mai al re di rifugiarsi, ogni volta che poteva, dalla Bela Rosin che gli preparava la più classica cucina piemontese: agnolotti, tajarin e bagna caoda e Barolo di Fontanafredda.
Nel 1869, a San Rossore, il re si ammalò. Si temette per la sua vita. Ormai certo di morire il re decise di sposare Rosa. Di fronte al male nessuno osò opporsi e il 18 ottobre i due potettero finalmente sposarsi anche se col solo rito religioso (cosa che non avrebbe conferito a Rosa nessuno dei diritti e poteri di regina).
Dopo il matrimonio il re guarì e per qualche anno i due formarono una coppia regolarmente sposata (almeno in chiesa).
Il rito civile ha luogo il 7 ottobre 1877, a Roma. Rosina diventa moglie del Re, ma non regina. Sposa morganatica. Due mesi dopo, il 9 gennaio 1878, Vittorio muore. Lei gli sopravvive fino al 26 dicembre 1885.
Rosina morì a Pisa e le venne negato il diritto di riposare col marito al Pantheon; i figli decisero di innalzarne per lei una copia, in un parco di circa 30.000 mq circondato da un muro; la costruzione durò tre anni; il monumento fu battezzato dai torinesi il "Mausoleo della Bela Rosin".
Il 4 Aprile 1943 il sepolcro fu profanato da ignoti in cerca di gioielli sui corpi nelle bare. La contessa fu quindi tumulata nel cimitero generale. Da allora il Panteon della Bella Rosina è praticamente abbandonato. Brutta fine per la tomba di questa "clandestina" della nobiltà, prima vera regina d'Italia.
La giunta comunale di Torino ha approvato il 30 gennaio 2001 un progetto di recupero del monumento, dei locali adiacenti e del muro di recinzione.

Ho visitato il mausoleo nel giugno 2004 e i lavori di restauro mi sembrano a buon punto.
 

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