Elena di Savoia

La pietosa, la donna di casa, la montanara, la regina pastora, la regina ciclamino...

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Jelena Petrovic Niégos, nata a Cettigne, un grosso borgo fra le montagne montenegrine abitato per lo più da pastori, figlia del futuro “gospadaro” del Montenegro, re Nicola I.
Il regno è minuscolo, la reggia è soprannominata “la biliarda” perché è l’unica dell’intiero stato a possedere un biliardo; una casa appena un po' più grande delle altre, col salone,
La sofisticata nobiltà europea era scandalizzata: sembra che Nicola giocasse a carte "sugli scalini della reggia" con i suoi ministri.
Era schiva e riservata ma anche piuttosto caparbia: se si radicava una forte convinzione era ben difficile farle cambiare idea; era molto attaccata alle tradizioni e dotata di un forte amore per la natura.
Dotata di buon senso, mai superficiale o cinica, era molto sensibile, aveva una mente vivace e curiosa, magari un po' dispersiva, era sinceramente dispiaciuta per le miserie altrui. In molti casi dimostrò di essere un'ottima organizzatrice.
Elena adorava i marron glacé e la panna montata, il ciclamino era il suo colore preferito (di qui il soprannome di regina ciclamino).
Come tutte le principesse slave studiò nel collegio Smol'nyj di Pietroburgo e frequentò la casa reale russa. Nel 1890 il principe Arsenio Karageorgević, suo cugino, che era pazzo di lei, le mancò di rispetto a un gran ballo e Karl von Mannerheim lo sfidò a duello alla pistola. Dopo il fatto nacque un sentimento tra la principessa e l’ufficiale accorso in sua difesa. Immancabili fiorirono pettegolezzi ed ammiccamenti. I maligni mettono in correlazione questo presunto flirt e interruzione anticipata degli studi di Jelena quello stesso anno. Dopo un periodo di “esilio” in costa azzurra tornò alla sua Cettigne, dove collaborò con la rivista letteraria russa Nedelja pubblicando poesiole romantiche e seppe farsi voler bene per la sua innata bontà (fu soprannominata “la pietosa”).
L'ufficiale della milizia zarista, diventato per ben due volte presidente della Finlandia, tutti gli anni, nel giorno di sant'Elena, faceva pervenire alla regina un mazzo di rose rosse legati con i colori del suo paese.
Aveva molti fratelli e sorelle, quelli legittimi si chiamavano Zorka, Militza, Anastasia,Danilo, Anna Mirko, Xenia, Vera e Pietro oltre a Sofia e Maria, decedute.
Il più discusso fu senz’altro Danilo, cui s’ispirò Franz Lehar per il personaggio del viveur squattrinato Danilo Danilovsky dell’operetta “la vedova allegra”. Danilo si dedicò con impegno alla bella vita trascorsa per lo più tra la Costa Azzurra e Sanremo sperperando somme ingenti con amanti strepitose (tra cui la famosa “bella Otero”).
Mentre Elena viveva spensierata nella casa paterna, Vittorio Emanuele, futuro re d’Italia, a Napoli corteggiava attrici e nobildonne. Il principe ereditario, però, era molto discreto, tanto che si sparse la voce che il futuro re non fosse interessato al genere femminile… Quando giunse nelle orecchie della madre la notizia di un’attrice che lo aveva schiaffeggiato per le sue avances quasi ne fu sollevata. La decisione era ormai presa: bisognava trovargli moglie al più presto e così gli furono presentate molte pretendenti, nessuna delle quali gli fece battere il cuore. (e ciò alimentava i malevoli pettegolezzi che lo volevano impotente…).
In realtà il giovane principe non aveva intenzione di sposarsi solo per assecondare la ragione di stato o i desideri dei genitori: "Sposerò solo la donna che amerò veramente".
Vittorio Emanuele aveva un bel viso, occhi azzurri e sguardo penetrante, ma non era né bello né molto sano. Le sue gambe, in particolare erano molto corte, come quelle di sua madre (i maligni dicevano che Margherita aveva il sedere attaccato ai talloni...). La sua scarsa salute e il corpo deforme furono attribuiti a varie cause: era figlio di due cugini primi, (Margherita è figlia del fratello del padre di suo marito), era nato con un difficilissimo parto cesareo. Ci fu perfino chi sostenne che la deformità del figlio del re fosse la vendetta divina per l’invasione dello stato pontificio ordinata dal padre.
Quando vide la foto Jelena, o Jela, di Montenegro, la regina Margherita, che spesso criticava le altre, appoggiò fin dall’inizio questa candidata. Margherita diceva no a tutte le proposte che avessero a che fare con nobili fanciulle troppo belle e questa era piacente più che bella, aveva l'aria robusta e non era parente  dei Savoia, tutte premesse per una discendenza sana, al contrario di quello che era successo a lei. La candidata fu proposta da Francesco Crispi, di origini albanesi, che auspicava una maggiore apertura dell’Italia verso il mondo slavo.
Per non insospettire Vittorio Emanuele, che detestava i maneggi matrimoniali, si combinò un incontro tra i due in occasione dell'Esposizione Internazionale d'Arte che si teneva a Venezia. Elena fu accompagnata dalla sorella Anna, (nel caso non fosse sbocciato l'amore…), I due s'incontrano al teatro La Fenice in occasione di una serata di gala e fu subito amore. Vittorio Emanuele è al settimo cielo, dichiara a tutti la sua felicità di sposare una donna "soltanto per amore, al di là dei disegni di corte".
Dopo un altro incontro in Russia la richiesta ufficiale a Cettigne, dove Vittorio Emanuele si ferma qualche settimana, ospite del futuro suocero in un palazzetto a lato della "reggia". Fa vita semplice: cacce coi notabili del paese o con Danilo, fratello di Elena, passeggiate a cavallo con la promessa sposa, parenti e notabili, lunghe passeggiate in montagna per raccogliere fiori di campo per la promessa sposa.
Al momento della partenza per l'Italia, alla festa di fidanzamento i due giovani ballano insieme per la prima volta. La gran differenza di statura non sembra essere un problema. Le cronache parlano di una quadriglia finale in cui per errori del principe italiano s'imbrogliano i passi e nasce una sorta di parapiglia, l’imbarazzo fu risolto da una battuta di Elena: “nelle quadriglie nelle quali non si sbaglia niente, ci si annoia”.
Per potersi sposare con un principe cattolico Elena, che era di religione ortodossa, dovette abiurare. La madre di Elena, osservante convinta, per non assistere all'abiura, non partecipò al matrimonio. L’abiura fu fatta nella cripta della Cattedrale di San Nicola a Bari, il promesso sposo fece del suo meglio per sostenere Elena evidentemente turbata e triste in questo dif
ficile momento. (In un recente testo sull'argomento si afferma che l'abiura non fu fatta a Bari)
Il matrimonio fu celebrato il 24 ottobre 1896: prima la cerimonia civile al Quirinale, quella religiosa in Santa Maria degli Angeli. Elena indossa un velo di Burano intessuto di fili d'argento che disegnano migliaia di margherite regalo della suocera, su cui è appoggiato un diadema regalo del suocero. Furono nozze ricche ma non sfarzose, bisogna tener presente che papa, ostile ai Savoia, secondo lui usurpatori, aveva concesso una chiesa, non una basilica per il rito religioso. La sconfitta di marzo di Adua, era ancora troppo recente e quindi non c'erano teste coronate straniere tra gli invitati.
Comunque la cosa fece storcere il naso a nobiltà e borghesi, qualcuno malignerà, confrontandola col recente matrimonio del ramo cadetto Aosta, che si sono fatte "nozze coi fichi secchi".
Un paio di mesi di festeggiamenti e poi il viaggio di nozze. A bordo del panfilo Jela si recano a Montecristo dove, secondo i pettegolezzi dell'epoca, gli sposi alloggiano in un vecchio padiglione in muratura riparato in gran parte dal principe (che si dilettava nel fai-da-te), aiutato dalla novella sposa i veste di garzone di muratore.
sembra poi che il principe mangiasse il borsch alla russa e la "castradina" di pecora alla montenegrina preparati in prima persona dalla sua sposa. Roba da far inorridire la nobiltà e il solito giornalista!
Per quattro i due sposini vivono il loro amore semplicemente, evitando gli appuntamenti mondani.
Elena asseconda il marito in tutto. Lui ama la fotografia? Lei fa preparare una camera scura nei loro appartamenti. Lui colleziona monete? Lei francobolli, che raccoglie in splendidi album. Lui non ama musica e poesia? Lei smette di suonare il violino e di comporre poesie.
Elena apprendeva f
acilmente le lingue e i dialetti, fa da traduttrice al marito per il russo, il serbo e il greco moderno, tenendogli in ordine l'emeroteca dei giornali stranieri. E impara il dialetto piemontese, anche se in modo non perfetto, giusto quel tanto che basta per capirlo quando il marito si rivolge a lei in piemontese, come ebbe a dire ammirato il suocero Umberto I. Questa semplicità e il poco interesse per i fasti del regno non possono non preoccupare la regina Margherita che, invece, aveva dedicato tutta la sua vita alla regalità (anche perché il rapporto con Umberto non era dei migliori…).
Il fatto che la coppia non avesse figli, poi, non faceva che alimentare l’ansia dei genitori e i pettegolezzi dei malpensanti.
Particolarmente fastidiosi furono i soprannomi inventati dai cugini Aosta, coppia molto brillante e dedita alla mondanità, Elena d’Aosta, poi, definiva la futura regina d’Italia “mia cugina la pastora”. Amedeo d’Aosta era bello, brillante e avrebbe potuto aspirare al trono in caso di mancato erede e non perdeva occasione per mettere in secondo piano i cugini. I due avevano un figlio, (che sarebbe diventato il successore di Umberto la i futuri regnanti non avessero avuto discendenti diretti) e Helène lo chiamava “mon petit roi”. Queste cose amareggiavano moltissimo Vittorio Emanuele che ebbe in più occasioni a dire che fare il re non era la massima delle sue aspirazioni.
L
'11 agosto 1900, in seguito all'assassinio del padre, Vittorio Emanuele dovette salire al trono, tutti notano che raramente il re parla di lei chiamandola la regina, bensì dice "mia moglie".
Negli anni successivi arrivarono i figli: Jolanda, poi Mafalda, quindi l'erede Umberto, (fine delle mire di successione per gli Aosta…), infine Giovanna e Maria.
Elena  (cosa che fa inorridire la suocera…) si dedica al marito, ai figli e alla casa. Ha una propensione per le modernità, per la funzionalità, preferisce gli arredi semplici e chiari, invece dei mobili antichi e austeri che abbondano nei palazzi di famiglia..
Chiama ad alta voce il personale da una camera all'altra, da un pianerottolo all'altro, mette il grembiule per dirigere le cameriere e il personale della casa, cura personalmente tutti i particolari dei ricevimenti, Jolanda ha solo sei anni quando la madre le insegna a cucire a macchina, a Giovanna insegna l'uso della macchina per lavori a  maglia e gliene regalerà una quando questa diventerà regina di Bulgaria. Insegna alle figlie a fare i dolci in casa. Fa venire regolarmente una sartina a palazzo per riadattare, comporre e scomporre i suoi vestiti e quelli delle principesse.
La coppia reale è sempre oggetto di critiche e pettegolezzi. Elena è più alta di Vittorio Emanuele e le gravidanze l'hanno resa matronale, certo non sono un gran bel vedere uno accanto all'altro. Amedeo d'Aosta, vedendo arrivare il re e la regina, esclamò ad alta voce: "Ecco Curtatone e Montanara". La battuta gli fruttò una una non ben precisata missione congolese.
Fu veramente innamorata del re suo marito? Di sicuro il suo senso del dovere e della dignità non le avrebbe mai permesso di comportarsi diversamente. Quand'anche avesse avuto qualche rimpianto non ne diede prova. Aveva accettato la sua situazione e seppe portarla a termine con la dignità di chi è regina "dentro" e non solo per convenienza o buona educazione.
28 dicembre 1908, ore 5 e 20: Messina, Reggio Calabria e altri quaranta centri abitati sono colpiti da un disastroso terremoto. Il numero dei morti varia nelle stime, da 77.283 a 130.000. È un disastro. Elena di Savoia “la pietosa”, subito si dedica ai i soccorsi, e trasforma la sala del trono del Quirinale in una sartoria, mettendo ago e filo in mano anche a Mafalda di sette anni e Giovanna di due, come mostrano fotografie dell'epoca. Ciò contribuì ad aumentare la popolarità (meritata) della regina. Il fatto che si dicesse che abbia personalmente provveduto al lavaggio dei cadaveri nei momenti di maggior necessità dà una misura del suo impegno.
Durante la prima guerra mondiale Elena fa l'infermiera a tempo pieno e trasforma il Quirinale nell'ospedale territoriale numero uno. Anche Margherita si dà subito da fare e trasforma Villa Margherita in un altro ospedale d'emergenza.
Per tutta la vita s'interessò allo studio per prevenire i terremoti, e di medicina, fino a meritare una laurea ad honorem; ancora oggi molti ospedali e reparti ospedalieri portano il suo nome.
E’ nota la sua generosità: finanziò opere benefiche a favore degli encefalitici, per madri povere, per i tubercolotici, per gli ex combattenti ecc. Sembra che sia intervenuta presso il re anche a favore degli ebrei ai tempi delle leggi razziali. Molti si rivolsero direttamente a lei per chiedere aiuto e lo ottennero.
Nel 1937 (o nel '39?) Pio XI, le concesse la "Rosa d’oro" della cristianità definendola «regina della carità»
Il 18 dicembre 1935, (sanzioni – oro alla patria) diede l'esempio agli italiani regalando
 la sua fede nuziale che, scrisse a Mussolini, rappresentava la cosa più cara in suo possesso.
Elena si rivolgeva a Mussolini chiamandololo "Signor Presidente", e non "Duce" come lui avrebbe voluto. Anche in questo è in opposizione con la suocera Margherita, sostenitrice di Mussolini.
Scoppiata la seconda guerra mondiale, Elena, che non amava la guerra né
tanto meno il Duce, rimase in ombra. La figlia Mafalda è arrestata e internata in campo di concentramento dove morirà per stenti e cancrena e a causa di un discutibile intervento chirurgico eseguito in ritardo e in condizioni estreme, il 28 agosto del 1944.
Elena seguì il marito nella "fuga" a Brindisi. Terminata la guerra, il 9 maggio del 1946 Vittorio Emanuele III abdicò a favore del figlio Umberto e andò in esilio con Elena a Villa Jela, ad Alessandria d'Egitto, ospite di re Farouk che ricambiò così l'ospitalità data suo tempo dal re italiano a suo padre.
Durante l'esilio in Egitto, i due coniugi festeggiarono il cinquantesimo di matrimonio. Quel mattino, il re (che da anni faceva recapitare ogni mattina un mazzolino di violette, suo fiore preferito ad Elena ) raccolse personalmente fiori e li portò alla moglie, come faceva da fidanzato.
Elena rimase col marito in Egitto fino alla sua morte, avvenuta il 28 dicembre del 1947, dopo diciannove mesi d'esilio, poi si trasferì a Montpellier dove morì il 28 novembre del 1952.
 
Per approfondire:
Luciano Regolo, "Jelena. Tutto il racconto della vita della regina Elena di Savoia" - Simonelli, 2002
Giovanni Gigliozzi "Le regine d'Italia" - Newton & Compton - 2003
Cristina Siccardi, "Elena. La regina mai dimenticata. Fabbri. 2001.
Renato Barneschi: "Elena di Savoia : storia e segreti di un matrimonio reale"
Difficili da trovare:
LUMBROSO, A. - Elena di Montenegro Regina d'ltalia. Firenze, La Fiamma Fedele. 1935
Link:
http://www.arcobaleno.net/personaggi/ElenaSavoia.htm

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