THOMAS HOBBES l’essenziale
Di P. Mussa
Parole – chiave: Meccanicismo convenzionalismo etica e
politica linguaggio leviatano
Vita e opere (Malmesbury 1588-1679)
Il padre era vicario di Westport. La
madre, terrorizzata dalle notizie sull’arrivo dell’Armada spagnola (o di un
terremoto?) lo partorì prematuramente, (gemello della paura). Il padre,
cacciato dalla parrocchia sparì, uno zio si prese cura di loro. Thomas rivelò
predisposizione per gli studi e lo zio gli fornì i mezzi per entrare ad
Oxford.Dopo il bacellierato, divenne precettore del figlio del barone
Cavendish. Viaggiò molto in Francia, in Italia, a Ginevra. Conobbe Galilei,
padre Mersenne e Gassendi, (forte amicizia e affinità spirituale: empirismo e
un po’ di scetticismo pirroniano).
Prima di dedicarsi alla stesura vera e propria della sua più
importante opera (Elementa philosophiae, in tre parti: De corpore, De
homine e De cive, in cui tutti gli aspetti della realtà, naturale ma
anche morale e politica, sono visti come movimento di corpi) ne raccolse le
idee forti negli Elementi di legge naturale e politica; alcune copie
manoscritte per i suoi amici, che ne fecero altre copie e le distribuirono e
Hobbes fu conosciuto come nemico del parlamento. Si rifugiò a Parigi. In questo
periodo pubblicò il De cive (contro le teorie che parlamentaristiche) e
le Obiezioni alle Meditazioni di Cartesio (su richiesta di Mersenne) e
diede lezioni di matematica al principe ereditario Carlo Stuart, esiliato a
Parigi. Nel1651 escono in Inghilterra la traduzione inglese del De cive
e il Leviathan. Grazie un’amnistia, rientra in Inghilterra e si
riconcilia con Cromwell.
Il De corpore, (visione integralmente meccanicistica
della realtà), vede la luce a circa diciotto anni di distanza dalla stesura del
primo abbozzo. Non ebbe successo perché la filosofia hobbesiana aveva fama d’ateismo
e materialismo, e per il nuovo clima culturale (declino del razionalismo
cartesiano e la nascita della "filosofia sperimentale").
Quando Carlo II (suo discepolo a Parigi), divenne re Hobbes
ricevette una pensione, ma, osteggiato dal clero, di cui criticava i privilegi,
dovette difendersi dalle accuse d’ateismo ed eresia, affrontando anche
impegnativi studi sull'argomento.
A novant’anni, pubblicò l’ultima sua opera, il Decameron
physiologicum, e l’anno seguente, il 4 Dicembre 1679, morì, dopo un attacco
di paralisi, in casa dei conti di Devonshire. Fu sepolto nella cappella del
castello, dove le sue ossa si trovano tuttora.
Hobbes tentò di coniugare
il razionalismo cartesiano con la tradizione empiristica inglese (Bacone…). Una
sintesi, non sempre ben riuscita, fra il metodo deduttivo del razionalismo e il
metodo induttivo dell'empirismo inglese, fra nominalismo logico e realismo
metafisico.
La conoscenza: Galileo e Cartesio distinguevano le qualità oggettive
(figura e movimenti dei corpi), da quelle soggettive (le qualità
sensibili colore, suono, sapore, ecc.). Hobbes usa il meccanicismo
(corpo e moto) anche per spiegare il funzionamento della mente. Le funzioni
dell'anima, sono attribuite a movimenti delle parti corporee. La sensazione
deriva dalla pressione di corpi esterni sui nostri organi di senso (Cartesio).
Tale pressione produce un movimento che attraverso i nervi si trasmette fino al
cervello e al cuore. Da lì parte un contro-movimento dall'interno verso
l'esterno, che produce il fantasma, l'immagine. Sembra che l'immagine
sia fuori, dov'è l'oggetto, ma è solo apparenza; l'immagine-fantasma o concetto
o idea è il permanere in forma attenuata di una sensazione passata.
La memoria, capacità di confrontare un'immagine
attuale con immagini passate, nasce dal ripetersi di sensazioni.
Scienze vere: matematica,
etica e politica |
l’uomo può conoscere bene solo quello
che fa (lo dirà anche Vico) |
sono fondate su pochi
principi da cui possiamo dedurre il resto |
Scienze naturali, fisica,
chimica… |
delle cose prodotte da Dio la
conoscenza è approssimativa, parziale, probabile |
si può risalire alle cause (supposte)
solo dagli effetti (induzione) |
Il materialismo: ragione e scienza sono possibili solo con oggetti
generabili. di cui si può conoscere la causa: i corpi (gli oggetti
estesi o materiali), la scienza non è possibile con gli oggetti non generabili
(Dio, angeli e cose incorporee).
Come per gli Stoici, esistere è agire o subire azioni
e solo un corpo può agire o subire. La parola "incorporeo", riferita
a Dio, esprime la pia intenzione di onorarlo distinguendolo da ciò che è
grossolano nella natura ma dire che Dio è incorporeo equivale a dire che non
esiste. Neppure lo spirito umano è incorporeo. Tutto è corpo e movimento.
Il corpo è l’unica realtà, l’unica sostanza che esista realmente in sé; e il
movimento è l’unico principio di spiegazione dei i fenomeni naturali, giacché
ad esso si riducono anche i concetti di causa, forza e azione.
Causa – effetto: Il legame di causa ed effetto,
deriva dal fatto che la sensazione di ciò che chiamiamo causa precede
regolarmente la sensazione di ciò che chiamiamo effetto e non dal fatto che
l'effetto sia implicito nella causa e quindi non può avere valore assoluto. Il nostro sistema
di conoscenze universali essendo nostra costruzione (si basa su cause ed
effetti), resterebbe valido anche se il mondo fuori di noi si annientasse (ipotesi
annichilatoria).
Linguaggio e logica: Nella nostra mente, idee, pensieri e
concetti si uniscono fra loro in modo vario, talora a caso, talora secondo un
determinato ordine, in virtù di qualche idea direttrice che li organizza.
Il linguaggio permette di trasformare il discorso
mentale (immagini) in discorso verbale (parole), più adatto ad
ordinare i pensieri e a comunicarli, L'uomo si distingue dall'animale ed è
capace di scienza grazie al linguaggio.
L'intelletto collega i concetti ai nomi in modo del tutto arbitrario, il
linguaggio è quindi arbitrario e gli universali (nomi di nomi) non sono
che parole (nominalismo). Dalla connessione dei nomi nasce la proposizione,
(soggetto + predicato). Anche le proposizione e gli assiomi (proposizioni
fondamentali) sono frutto dell'arbitrio di coloro che per primi stabilirono i
nomi o che li accolsero. Anche la definizione è nominale arbitraria, non
esprime l’essenza di una cosa ma semplicemente il significato di un vocabolo. Ragionare
è connettere (o disgiungere) nomi, definizioni e proposizioni conformemente a
regole, fissate per convenzione. E’ calcolo. Nel calcolo logico i nomi di corpi
vanno uniti a nomi di corpi, quelli di qualità a nomi di qualità e non si
possono mischiare i tipi…
Critica a Cartesio. Nella frase "io penso, dunque
io sono pensiero", Cartesio mischia i tipi (penso è azione, pensiero è
oggetto). Sarebbe come dire: "io cammino, dunque io sono una
passeggiata". Per Cartesio, poi, idea è qualsiasi oggetto del pensiero,
mentre per Hobbes è un'immagine, che deriva dall'esperienza, (ciò che è
trasmesso dai nostri sensi fa parte del probabile e non del certo). È quindi
impossibile dimostrare l'esistenza di Dio partendo dall'idea (infinita) che ne
abbiamo.
Teoria della conoscenza: il punto di partenza di ogni conoscenza è costituito
dai concetti (sensazioni), o dalle idee (immagini derivate dalle sensazioni).
I nomi, sono attribuiti, sia ai concetti, sia a ciò che non viene dai sensi, ma
è dedotto dalla ragione, come appunto nel caso dei nomi di Dio, dell'anima, o
della sostanza.
Mentre per Cartesio l'evidenza razionale è criterio
del reale (diversamente dall'esperienza sensibile che è completamente
svalutata), per Hobbes l'evidenza razionale ha valore unicamente sul piano
formale: è utile strumento dell'esperienza, non la può sostituisce.
Metodo deduttivo e induttivo Solo l'esperienza ci può dire se le
costruzioni logiche (sapere assoluto) della ragione hanno riscontro nella
realtà (conoscenza probabile delle ipotesi scientifiche). Esempio: il sistema
tolemaico e quello copernicano sono ugualmente rigorosi sul piano
logico-matematico. Sul piano della realtà fisica, tuttavia, il sistema
copernicano è più probabile perché spiega meglio ciò che appare all'esperienza.
In fisica la spiegazione non può che essere ipotetica: le dimostrazioni
rigorose non possono presentare contraddizioni o incongruenze né rispetto ad
altri fenomeni né rispetto ad altre dimostrazioni cui siano legate.
Linguaggio e scienza il linguaggio è un insieme
convenzionale di contrassegni (immagini-concetti) degli oggetti
dell’esperienza, che danno loro dei nomi. Le conclusioni scientifiche sono
espresse mediante dei nomi. “Grazie ai nomi siamo capaci di scienza, le bestie,
mancando di essi non lo sono". Anche gli animali hanno esperienze
(sentono) ma non hanno le parole per distinguere e ricordare le idee, l'uomo,
invece, fissa i propri concetti mediante i nomi.Il nome rende l’uomo
"capace di scienza". I nostri concetti sono tutti particolari.
L'imposizione di un nome a una classe di concetti, o a una cosa è un atto di
arbitrio. Il nome non suppone dunque alcuna realtà dietro di sé, ma è solo un
contrassegno. Solo in questo senso è dotato di universalità.
Vero e falso: la proposizione attribuisce un predicato a un soggetto.
Quando il predicato è nome della medesima cosa di cui è nome il soggetto, la
proposizione è vera.Vero e falso riguardano il modo di connessione dei nomi fra
loro.
La scienza Per Hobbes garantisce la verità dei propri assunti
solo in quanto elabora corrette connessioni nominali, per la cui verifica
rimanda ad altre connessioni nominali, finché si perviene alle connessioni
fondamentali, che sono implicite nel primitivo atto della denominazione. La
scienza, tuttavia non è solo nomenclatura, da un lato è convenzionale,
(le conclusioni sono implicite nelle primitive imposizioni di nomi alle cose,
la filosofia ricerca le cause comuni); dall'altro è meccanicistica
(generazione meccanica della realtà naturale: il moto è la causa prima).
Lo spazio è "il fantasma di una cosa esistente,
in quanto esistente", il tempo è "il fantasma del moto: nel
moto immaginiamo un prima e un poi, una successione". Spazio e tempo sono immagini.
Corpo e moto sono i principi di spiegazione di tutto non sono
immagini o concetti, bensì nozioni ricavate per via razionale. La realtà
è una successione concatenata e necessaria di fatti, prodotti dal movimento dei
corpi, e dalla trasmissione del movimento da un corpo all'altro. Ma la “realtà
esterna” esiste?
Cartesio vede una garanzia del reale nella credibilità di
Dio, per Hobbes l'esistenza di una realtà fuori di noi, e soprattutto che sia
strutturata meccanicisticamente, è deduzione razionale, quindi supposizione,
indubbiamente fondata, ma mai interamente verificabile.
La nuova scienza politica: applicando il rigore logico della matematica (e non
le mistificazioni della retorica) al comportamento umano, Hobbes sperava di
fondare la nuova scienza politica, come Copernico e Galileo avevano fondato la
nuova astronomia.
I moti dell'animo, desiderio, avversione, amore,
speranza, ecc., sono causati dal pressioni dei corpi esterni. Il corpo, per
natura tende all'autoconservazione, e reagisce col desiderio o con l'avversione
alle cose in base ai possibili effetti della loro azione. Amore e odio sono
desiderio o avversione nei confronti delle cose presenti; speranza e timore
sono desiderio o avversione di cose future.
L’etica: le parole
consentono generalizzazioni che portano alla elaborazione delle regole
morali. Il giusto e l’ingiusto sono delle convenzioni,
le valutazioni morali sono soggettive, cioè relative all’individuo e
alla situazione in cui si trova. In generale si chiama "bene" ciò che
si desidera e "male" ciò che si odia; e poiché il raggiungimento di
ciò che si desidera procura "piacere", le cose che danno piacere sono
considerate belle e giovevoli.
Quando nell’uomo vi sono differenti desideri e stati d’animo, e si presentano
le conseguenze delle azioni, si ha la deliberazione. Essa termina in un
atto della volontà che decide di agire o non agire. Non vi è
libertà nella volontà umana. Tutti gli atti dello spirito umano sono
movimenti connessi con i movimenti degli oggetti esterni: la volontà è comunque
necessitata da motivi che sono dovuti alla totalità della natura. L’uomo non
può mai neppure giungere ad uno stato definitivo di quiete o di tranquillità:
un fine ultimo o un sommo bene non hanno senso. L'etica di Hobbes è di chiara
impronta naturalistica spiega la vita morale in base a processi
istintivi naturali senza ricorrere a principi o valori riconosciuti con la
ragione e liberamente attuati.
POLITICA: è una
scienza fondata su pochi principi rigorosi da cui si può dedurre tutto il
resto. Se si scoprono i principi necessari dell’azione umana, si potrà,
partendo da essi, costruire una politica rigorosa, more geometrico.
Il primo principio è l’egoismo: primo e originario bene è la vita e
la conservazione della medesima (e quindi il primo male è la morte).Ne
consegue che l’uomo non è per natura animale politico (Aristotele) homo homini
lupus, l’uomo è un lupo verso l’altro uomo. Lo stato di natura è uno stato
di guerra incessante di tutti contro tutti: bellum omnium contra omnes.
Questa guerra. però non si è mai realizzata in maniera totale. Lo ha impedito
la capacità di prevedere e provvedere, mediante un calcolo, alle esigenze
umane.
Il secondo principio è il
convenzionalismo: la ragione ha suggerito all’uomo le varie
norme e i principi generali da cui derivano le varie leggi naturali del vivere
civile, proibendo a ciascun uomo di fare ciò che arrecherebbe danno o
distruzione della vita ecc. La legge naturale è quindi un prodotto della
ragione umana e non un ordine divino, è una tecnica calcolatrice che opera le
scelte più convenienti.
Tre norme: cercare sempre la pace (pax est quaerenda),
rinunciare al suo diritto su tutto e accontentarsi di avere tanta libertà
quanta ne riconosciamo agli altri. (uscita dallo stato di natura e patti
tra uomini) e rispettare i patti (pacta sunt servanda).
Queste norme, tuttavia,
non bastano per costituire la società, un potere deve costringere tutti
a rispettarle: i "patti senza la spada che ne imponga il rispetto"
non servono ad ottenere lo scopo che ci si prefigge. Per conseguenza, secondo
Hobbes, occorre che tutti gli uomini deputino un unico uomo (o un'assemblea) a
rappresentarli.
Lo stato: la
rinuncia al diritto illimitato dello stato di natura crea lo Stato. Il
“patto sociale” è stretto tra i sudditi non col sovrano ma tra di loro. Il sovrano resta fuori del patto e
resta il solo depositario dei diritti cui i sudditi hanno rinunciato. Se anche
il sovrano entrasse nel patto, non si eliminerebbero le guerre civili, perché
nascerebbero contrasti vari nella gestione del potere.
Questa teorizzazione dello Stato assolutistico, non
deriva dal "diritto divino", ma dal "patto sociale" tra i
sudditi.
Il sovrano rappresenta lo
Stato e ha un potere assoluto simile a quello del Leviatano (mostro
biblico contro cui le armi del popolo nulla possono) ecco alcune conseguenze
di questa concezione:
§
costituito
lo Stato, i cittadini non possono dissolverlo
§
il potere
è indivisibile, il
sovrano può intervenire anche in materia di opinione, giudicare, approvare o
proibire determinate idee.
§
lo
Stato ha potere anche in materia di religione: è arbitro per l’interpretazione
delle Scritture ed i dogmi
§
la legge
civile appartiene allo Stato e non ai cittadini
§
la
sovranità esige obbedienza, anche di fronte ad un tiranno il popolo non può
ribellarsi (il sovrano risponde a Dio, non al popolo) il tirannicidio non è
ammesso
§
il sovrano non è soggetto alle leggi, non ha obblighi e non è tenuto a rispettare i patti:
la terza norma vale, come le altre, per i cittadini, non per il sovrano.
§
il suddito è tenuto all’obbedienza formale (nell’agire
e nei discorsi) ma nessuno gli può proibire di pensare come vuole
§
non si può comandare ad un uomo di uccidersi o di non
difendersi o di non prendere qualcosa necessario per vivere.