La Resistenza Borbonica

 La conquista del Regno delle Due Sicilie da parte dei piemontesi, realizzata con l'appoggio indiretto ma concreto della Francia e della Gran Bretagna  provocò, fin dai primi giorni, e poi per anni successivi, numerose ribellioni delle popolazioni del Regno in favore dell’ormai ex sovrano Francesco II. Queste insurrezioni misero in difficoltà i garibaldini, l'esercito e il governo piemontese nei primi anni del Regno d’Italia. I libri di storia, che comunque hanno formato l'opinione storica degli italiani su questi avvenimenti, chiamano le rivolte di popolo con il termine, forse troppo riduttivo di "brigantaggio" borbonico.
Molte volte si trattò di grandi rivolte popolari, spesso soffocate da Torino con metodi durissimi. Le cause di questa controrivoluzione popolare sono da ricercare in due principali motivazioni: sicuramente una di queste è rappresentata dal rispetto che ormai le popolazioni meridionali avevano nei confronti dei Borboni e nell’intolleranza che queste genti avevano nei confronti degli invasori piemontesi.
- la rivolta ha inizio nell'agosto del 1860, subito dopo lo sbarco dei Mille: nel complesso, al culmine della guerra le bande comandate da capi raggiunsero il numero di 350, coinvolgendo decine di migliaia di persone, delle quali ne morirono fra le 20.000 e le 70.000; il Regno d'Italia, da parte sua, dovette inviare in loco fino a 120.000 soldati per reprimere la guerriglia; nella primavera del 1861 la rivolta divampa in tutto il Regno peninsulare; in agosto è inviato a Napoli con poteri eccezionali il generale Enrico Cialdini: inizia una delle più spietate repressioni militari della storia, fatta di eccidi e distruzioni di paesi e centri ribelli, di fucilazioni e incendi, di saccheggi e incitazioni alla delazione, e di distruzioni di casolari e masserie, compresa l'eliminazione del bestiame dei contadini per la loro rovina materiale; particolare attenzione è data alla guerra psicologica, con proclami fatti di terribili minacce (sempre per altro puntualmente messe in atto) accompagnati da foto di ribelli trucidati con famiglie, ecc., al fine di terrorizzare i "manutengoli", cioè coloro che aiutavano i ribelli; poi arriva la proclamazione dello Stato d'assedio nel 1862: quasi l'intero Regno (compresa la Sicilia senza alcun motivo) è posto sotto legge marziale; poi si ha nel 1863 la Commissione parlamentare di Inchiesta sul Brigantaggio (Massacri), voluta sì dalla Sinistra - che denunciava gli orribili massacri di contadini perpetrati con il consenso del Governo - ma al fine di screditare la Destra e mettere il Meridione in mano a Garibaldi; la Destra prima la ostacolò, poi la manipolò, e incolpò del "brigantaggio" a Francesco II e a Pio IX. "Brigantaggio" e repressione dureranno in ogni modo fino al 1870, e i dati generali sono agghiaccianti; in realtà la resistenza non fu solo armata, ma ebbe carattere anche "civile": vi fu un'opposizione condotta a livello parlamentare, le proteste della magistratura, che vede cancellate le sue gloriose e secolari tradizioni, il malcontento della popolazione cittadina, l'astensione dai suffragi elettorali, il rifiuto della coscrizione obbligatoria e l'emigrazione crescente.Già in ottobre 1860 iniziò la spietata repressione. Il gen. Cialdini con un proclama dava inizio alle fucilazioni. Il 23 ottobre usciva un bando che sanciva la competenza dei tribunali di guerra speciali per i reati di brigantaggio; fu proclamato lo stato d'assedio di quelle zone, e la fucilazione istantanea per chi fosse colto con le armi in mano. Si fucilava nell'Aquilano, anche coloro che erano solo sospetti di aiutare i briganti o coloro che insultassero con parole o atti i Savoia o la bandiera. A Torino la preoccupazione era generale e profonda, e così nel luglio del 1861 Cialdini venne nominato Luogotenente e unificò nelle sue mani il potere civile e militare. Già a fine agosto v'erano nel Meridione 40.000 soldati in armi, in ottobre 91 battaglioni, di cui 37 solo a Napoli, in dicembre si arrivò a 50.000 uomini. Il terrore repressivo non conobbe più limiti. Centinaia di persone venivano fucilate in continuazione. Decine di scontri con relativi massacri di briganti e popolazioni. Il quadro che ne esce è impressionante: tutto il Meridione peninsulare era sotto guerriglia, decine i capi banda, decine le zone sottoposte a rivolta. Tutto il Mezzogiorno fu dichiarato in "stato di brigantaggio" e posto quindi in stato d'assedio; tribunali militari di guerra vennero istituiti un po' ovunque, i tribunali militari giudicavano, sotto il solo sospetto i partecipanti a bande armate sanzionando la resistenza armata con la fucilazione (carcere duro a vita in caso di attenuanti), mentre i favoreggiatori (i cosiddetti "manutengoli") venivano condannati ai lavori forzati a vita. In più il governo aveva facoltà di inviare a domicilio coatto oziosi, vagabondi, sospetti, camorristi e, soprattutto, di istituire corpi armati di volontari per la repressione del "brigantaggio".

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