La contessa di Castiglione

La bellissima cugina di Cavour, che aiutò la causa italiana divenendo amante di Napoleone III

<INIZIO | Biancamano | Amed.3 | Amed.6 | Amed.7 | Amed.8 | Success. | Em.Filiberto | C.Em.1 | V.Amed.1 | Cristina | GiovannaBatt. | V.Amed.2 | C.Em.3 | V.Amed.3 | C.Em.4 | Vitt.Em.1 | C.Felice | C.Alberto | Vitt.Em.2  | Umb.1 | Vitt.Em.3 | Umb.2 |

Ci sono creature destinate a diventare un mito e questo avviene al di là del loro fascino, della loro bellezza, della loro personalità. La Contessa di Castiglione è sicuramente uno di questi personaggi. Il suo vero nome è Virginia Virginia Elisabetta Luisa Carlotta Antonietta Teresa Maria Verasis, divenne Contessa verso i sedici anni, sposando senza amarlo il ricco e molto innamorato conte di Castiglione. Virginia era ricca e di ottima famiglia e il matrimonio le aprì le porte della corte sabauda.
"Sono nata alla Spezia, mi sono sposata alla Spezia e voglio essere sepolta alla Spezia mia ingrata, ingiusta amata città", scriveva la contessa che, invece era nata a Firenze il 23 marzo 1837, figlia del nobile marchese spezzino Filippo Oldoini e della fiorentina Isabella Lamporecchi. Alla Spezia, che amò e che forse considerò sua città natale visse ma non fu sepolta, davanti al Golfo dei Poeti, da lei romanticamente ribattezzato "Golfo di Ariel".
NICCHIA
Fin da piccola, “Nicchia”, come la chiamavano i famigliari per la sua strana abitudine di raccogliersi come una piccola conchiglia, (il soprannome viene attribuito a D'Azeglio), consapevole della sua straordinaria bellezza, dispensava un sorriso e una fugace visione di se stessa, solo a chi le interessava.
Entrò giovinetta alle Orsoline per una crisi mistica ma il suo ritiro durò poco. Avida di sapere, s'interessò di svariati argomenti,  prediligendo le letture romantiche, preludio alle avventure che avrebbe vissuto.
Giunta all'adolescenza è intelligente, bellissima e di buon gusto. Alta, bionda, con lineamenti tanto perfetti da essere considerata universalmente la donna più bella d'Italia e d'Europa, aveva gli occhi cangianti tra l'azzurro e il verde, il nasino all'insù, aveva anche belli mani e piedi, tanto che molti artisti li ritrassero separatamente dal corpo. La sua bellezza risaltava anche grazie all'inimitabile gusto per le toilette originali e audaci. La principessa di Metternich la definì "statua di carne".
Diceva:" Io sono io, e me ne vanto; non voglio niente dalle altre e per le altre. Io valgo molto più di loro. Riconosco che posso non sembrare buona dato il mio carattere fiero, franco e libero, che mi fa essere talvolta cruda e dura. Così qualcuno mi detesta; ma ciò non m'importa. Non ci tengo a piacere a tutti". Passionale, consapevole del suo fascino, altera e superba, sprezzante verso le altre donne, amante della libertà e insofferente alla disciplina, animata da irrefrenabile ambizione mondana, Virginia era anche convinta di essere predestinata ad un destino superiore, di poter passare alla Storia, magari aiutando il Paese.
I molti ritratti e fotografie pervenutici mostrano una donna abbastanza avvenente, che oggi potremmo forse giudicare di fattezze un po’ volgari, ma che, in tempo di donne non slanciate e grassottelle, lei bruna, longilinea, tanto sicura di sé, che curava la sua bellezza trasformandola in fascino senz'altro seppe meritare il primato che le venne attribuito.
Annotò i particolari dei suoi numerosi flirt  sul suo "Journal", il diario, indispensabile per ricostruire la sua storia, scritto in maniera decisamente astuta, denota la sua spiccata capacità nel saper raggirare gli uomini. E' in francese, e fa frequente ricorso ad un codice usato per descrivere le performance con i suoi amanti o le situazioni ambigue (ad esempio, segni come xx o xxx indicano l'intensità o il numero delle effusioni amorose). Nel diario non appare nulla che possa metterla in qualche modo in cattiva luce o che faccia notare i suoi difetti e questo fa pensare che sia stato scritto perché altri lo leggano...
Il MATRIMONIO E LE AVVENTURE
Virginia non si innamorò mai dei suoi spasimanti, tanto meno dell'uomo che sposò, Francesco Verasis, conte di Castiglione, Tinella e di Costigliole d'Asti, cugino di Cavour. La dolcezza dei modi e le sue eccessive attenzioni non attraggono affatto Virginia che avrebbe desiderato un uomo diverso, tanto per cominciare con un carattere più deciso e ambizioso. Ma per Francesco, che ben conosceva i molti amori e la libertà di costumi della ragazza, riuscire a sposare la donna più bella d'Europa diventa quasi una sfida con se stesso e con gli altri spasimanti al punto di accettare qualsiasi compromesso pur di conquistarla, anche un matrimonio senza amore.
Il matrimonio, che lei prevede noiosissimo, fu per Nicchia punto di svolta della vita: trasferitasi a Torino nel palazzo dei Castiglione che fiancheggia la residenza di Cavour, spinta dal marito, fece un mirabolante ingresso alla vita di corte di Vittorio Emanuele II.
Neanche a dirlo, la sua eleganza, sempre impeccabile fin nei minimi particolari e costosissima, e il suo charme conquistarono tutti, inizialmente senza distinzione di sesso. Non c'era ricevimento al quale non fosse invitata o evento mondano di cui non fosse protagonista.
In poco tempo attirò l'attenzione del re, il quale la riempie di regali costosissimi e gioielli di valore inestimabile.
Iniziano i dissapori coniugali: Virginia è troppo bella ed ambita, è troppo indipendente, (concedette i suoi favori a molte persone importanti, tra cui entrambi i fratelli Doria, il banchiere Rotschild, l'imperatore dei francesi, Cavour, Costantino Nigra, ambasciatore in Francia e lo stesso Vittorio Emanuele II...).
Il conte dovette rendersi conto che aver sposato una simile bellezza era un fardello troppo pesante presto la situazione divenne insostenibile e, anche per salvarsi dall'ingente mole di debiti contratti dalla moglie, chiese la separazione.
Dalla breve unione nacque un figlio, Giorgio.
In amore, si dice, era fredda. Paradossalmente la donna più bella e desiderata d'Europa non era in grado di gustare fino in fondo le forti passioni che suscitava.  
Fu davvero amata? Rivedendone la storia viene da pensare che questa donna sia stata “usata”. Cavour le diceva: «Ci sono molte più belle di Voi» e la manovrò senza troppi pregiudizi, gettandola nel letto di Napoleone III “per costruire l’Italia”. La relazione con l’Imperatore francese durò poco più di un anno, poi Virginia cadde in disgrazia, soppiantata da un’altra straniera.
Le persone che veramente l'amarono, come il marito, o Rotschild  le interessavano solo come finanziatori e gli uomini che volevano solo aggiungere un'invidiabile preda al loro carnet l'ebbero ma senza passione e ad altissimo prezzo. 
LA MISSIONE DIPLOMATICA IN FRANCIA
Cavour, il "brutto cugino", pur subendone il fascino, l'inviò a Parigi, con l'approvazione del re Vittorio Emanuele II, (che non mancò di "autorizzarla" personalmente, di notte, nella sua camera, naturalmente dopo aver spedito il marito in missione...) perché influenzasse favorevolmente Napoleone III e lo spingesse all'alleanza col Piemonte.
In un primo tempo il conte manifestò poca stima per la sua troppo libera cugina poi, potendone apprezzare l'intelligenza, il suo atteggiamento verso di lei cambiò, e ne fece una delle poche donne in grado di svolgere un ruolo nella formazione dell'Italia, seppur con mezzi discutibili e grandissimo dispendio di danaro, (fu definita "la vulva d'oro del Risorgimento").
Era il 1855 e il piccolo Piemonte si apprestava alla campagna di Crimea.
A Parigi le venne messa a disposizione una villa e Nicchia entrò subito in società partecipando alle feste ad agli spettacoli indossando Gioielli preziosissimi e vestiti  audaci e inconsueti.
Divenne quasi subito l'amante di Napoleone e suscitò invidie e pettegolezzi di cui non sembrava curarsi.
La moglie di Napoleone, che la detestava, la trattò sempre malissimo. Un esempio: Nicchia si presentò ad una festa con uno splendido vestito reso audace da  un cuoricino ricamato una spanna sotto la cintura. Il commento di Eugenia fu "Ecco dov'è il cuore della Castiglione" o qualcosa di simile.
Dopo un anno la sua stella cominciò ad  affievolirsi: dicono che Eugenia, la moglie di Napoleone III, fece organizzare dalla Polizia un finto attentato che coinvolse un italiano, certo Cappelletti. Ciò la costrinse a rientrare in Italia.
Nel 1859 incontrò l'imperatore in visita in Italia. La sua richiesta di ritornare in Francia fu accolta, ma le fu consigliato di evitare la corte. Piena di debiti per la sua vita dispendiosa cui si aggiungeva la causa di divorzio che il marito le aveva intentato con ampia documentazione, rientrò in Italia, dove le fu permesso di frequentare i Savoia per breve tempo. Vittorio Emanuele le concesse i suoi favori ma sul piano economico fu meno generoso del solito. Il suo ritorno in Francia, alla disperata ricerca d'un passato ormai lontano, coincise con la disfatta di Sedan e della caduta della Monarchia Francese. 
LA SOLITUDINE
Dopo aver brillato e scintillato tra gioielli preziosi e toilette da favola, tra balli ed amanti, dopo aver conosciuto i fasti, i piaceri e i trionfi della mondanità, finì i suoi giorni come una romantica eroina: ignorata, in solitudine, disperata,quasi folle, piena di rancori ed inconsolabile per il fascino perduto.
Vedendo sfiorire quella bellezza con cui identificava sé stessa, velò gli specchi e si chiuse in un voluto eremitaggio, rifiutò l’amore e il matrimonio ancora propostole da uomini ricchi e famosi.
Dopo che il marito finì sotto ad una carrozza, non le restarono che i ricordi. Il 28 Novembre 1899, all'alba del nuovo secolo, morì nella sua casa, senza clamore.
Chiese di essere sepolta alla Spezia, senza funzione religiosa e senza fiori, senza informare i giornali e le autorità, con la camicia da notte leggera e preziosa, quella che stava tutta nel pugno di una mano, che aveva indossato la notte trascorsa con Napoleone III a Compiègne, con al collo una collana di perle e ai polsi due braccialetti che tanto aveva cari, sotto il capo il cuscino di velluto ricamato dal figlio Giorgio quand'era bambino, e di avere ai suoi piedi, nella bara i due cagnolini imbalsamati.
Non le fu dato nulla, né dalla Francia né dall'Italia: ebbe una regolare funzione religiosa, ai suoi funerali parteciparono camerieri, un duca e un agente di cambio, fu privata della compagnia dei suoi cani, persino del cuscino del figlio, morto da tempo, che in vita non aveva amato né seguito, e non indossò né la famosa camicia della notte di Compiègne né i suoi gioielli, prontamente sottratti dagli eredi.
Subito dopo la sua morte polizia, autorità e servizi segreti bruciarono tutte le lettere e i documenti a lei inviati dalle massime personalità del tempo con le quali era entrata in contatto, re, politici, papi e banchieri.
La contessa di Castiglione non ebbe la tomba in Italia ma nel cimitero di Père Lachaise, dove ancora oggi riposa.
 
Per approfondire:
Massimo Grillandi, La Contessa di Castiglione, Fabbri Milano
M. Mazzucchelli, La contessa di Castiglione, Milano, 1968
Link
http://www.letteraturaalfemminile.it/la_contessa_di_castiglione.htm
http://digilander.libero.it/fiammecremisi/prologo2guerraind.htm#virginia
http://digilander.libero.it/fiammecremisi/carneade/virginia.htm
http://www.lapadania.com/2000/maggio/07/07052000p11a1.htm 
http://www.url.it/donnestoria/testi/trame/castiglioni.htm
http://www.comunecastiglionetinella.it/storia/contessa-di-castiglione.php

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